Porto d’armi ad uso sportivo cosa succede in caso di indagine
Cosa succede in caso una persona in possesso di un regolare porto d’armi ad uso sportivo venga indagata in un procedimento penale? È prevista automaticamente la revoca o sospensione della licenza da parte della Questura? Ecco cosa prevede concretamente la normativa di riferimento e come tutelarsi da eventuali abusi.
Ai sensi e per gli effetti dell’art. 11 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza “le autorizzazioni devono essere revocate quando nella persona autorizzata vengono a mancare, in tutto o in parte, le condizioni alle quali sono subordinate e possono essere revocate quando sopraggiungono o vengono a risultare circostanze che avrebbero imposto o consentito il diniego della autorizzazione”.
Il diniego all’autorizzazione riguarda l’ipotesi della condanna del soggetto alla pena restrittiva della libertà personale superiore a tre anni per delitto non colposo e che non ha ottenuto la riabilitazione, salve le condizioni particolari stabilite dalla legge nei singoli casi, nonché a chi è sottoposto all'ammonizione o alla misura di sicurezza personale o è stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza. Inoltre, le autorizzazioni di polizia possono essere negate a chi ha riportato una condanna per delitti contro la personalità dello Stato o contro l'ordine pubblico, ovvero per delitti contro le persone commessi con violenza, o per furto, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione, o per violenza o resistenza all'autorità, e a chi non può provare la sua buona condotta.
Dalla lettura della normativa di riferimento e dall’esame del costante ed univoco orientamento della Giurisprudenza, risulta chiaramente che per l’ipotesi in cui il soggetto titolare di licenza di porto d’armi ad uso sportivo risulti indagato in un procedimento penale, non sussistono i presupposti per concludere il procedimento amministrativo con il provvedimento di sospensione o revoca dell’autorizzazione amministrativa di cui il medesimo è titolare. Difatti, la revoca o sospensione della licenza in forza dei documenti presenti in un procedimento penale pendente solo in fase di indagini preliminari sarebbe illegittima, in quanto risulterebbe preclusa all’indagato la facoltà di replica e di esame dei documenti medesimi, e quindi in buona sostanza il diritto alla difesa sancito dall’art. 24 della Carta Costituzionale. Vale a dire che dalla Pubblica Amministrazione sarebbe adottato un provvedimento abnorme e illegittimo per violazione di legge, eccesso di potere e carenza di motivazione. Pertanto, l’ipotetica scelta dell’Ufficio porto d’armi c/o la Questura di sospendere o revocare la licenza sull’assunto che sarebbero venuti meno i requisiti di “assoluta affidabilità” dell’interessato prescritti dalla legge, costituirebbe un provvedimento ridondante e come è noto la Giurisprudenza ha censurato queste condotte della P.A., alla quale non è consentito rifugiarsi dietro espressioni di stile vuote di contenuto per sospendere o addirittura revocare un’autorizzazione amministrativa.
Per tutti i suesposti motivi, non sussiste alcuna ragione affinché il procedimento sia concluso con la revoca o la sospensione della licenza in quanto, in siffatta ipotesi, verrebbe irrimediabilmente leso l’interesse privato in modo ingiustificato ed illegittimo. E, in effetti, il requisito “dell’assoluta affidabilità” di certo non può venire meno perché il titolare della licenza è semplicemente persona indagata in un procedimento penale ancora in fase d’indagine, che potrebbe benissimo concludersi a breve con un’archiviazione. La valutazione della P.A. dovrebbe estendersi anche alla tipologia di reato contestato, in quanto la sospensione o la revoca non conseguono in automatico alle condanne penali per qualsiasi fattispecie di reato, ma solo per quelle espressamente previste dalla legge.